Pacificone

In sala Valéry, saltuariamente, capitano DVD clandestini provenienti dal culture-crossing di qualche caruggio intelligente (cinema, letteratura, pittura...). In salita Santa Brigida la proposta è caduta sull'australiano Peter Weir e, in particolare, su "Gli anni spezzati". Pellicola del 1981 che, pur nella sua artificiosità, risuona come uno dei più accorati lamenti pacifisti.

Dopo i titoli di testa gotici, rossi su sfondo nero, il film ci porta alla Prima Guerra mondiale visto con gli occhi dei remoti australiani, i quali hanno avuto la grande sfortuna di essere svezzati dai guerrafondai imperialisti britannici (pagando ancora oggi dazi umani). Lentamente appare la guerra anche dove, guardandosi attorno senza incontrare chi scorni l'orizzonte, verrebbe da chiedersi "Che ci stiamo a fare là?" e a sentenziare "Bell'affare ci farebbero!" (a giunger qui).
L'aeriforme e ferrosa musica di Jean-Michel Jarre ("Oxygène") può accompagnare tutto ciò che sa di tensione ed energia. Di qui la bellezza di una corsa, tra i campi o nel deserto, che sia carica di desiderio o euforia.
Mel Gibson venticinquenne, pacifista su paesaggi incontaminati, è un personaggio con cui lego subito, rimproverandogli, al massimo, poca coerenza per un'amicizia ancora da poco. Weir pedina da vicino, di fianco, da lontano la giovane coppia di amici. Ma il regista si muove agevolmente anche nella coralità dei luoghi affollati (l'arrivo a Perth, la partenza in nave, la festa prima della battaglia).
Pellicola che nell'affrontare gli attimi bellici mostra un taglio originale, mantenendo quasi sempre la violenza fuori campo, senza per questo non affondare colpi nell'animo dello spettatore. Weir spinge sul piano emotivo, si sa; in questo film, senza calcare la mano, ma non lasciando nemmeno sfuggire i momenti di commozione (il primo precoce distaccamento tra i due freschi amici, la fugace apparizione di Les in trincea). Sta attento Weir; basti vedere l'asciutta sequenza finale. Altri avrebbero preso miele, mele e zucchero, pasticciandoci su sino alle lacrime (di spettatori e cinefili).
Un film in cui, ogni caso, emerge tutta l'assurdità della guerra. Il titolo di questa recensione ha valenza simpatica, poiché considererò "Gallipoli" (questo il titolo originale) uno dei miei preferiti film pacifisti, spettacolare con misura e dai quesiti giusti.
Pure Elena soddisfatta, che volete di più?
(depa)

Nessun commento:

Posta un commento