Round trip poetry

Giovedì, si sa, è un giorno goloso per un cinefilo. Quando non si è troppo persi nelle 8 ore più insulse, ci si ricorda di guardare fuori. Nel mio caso: controllare cosa esce nelle sale. Leggo "di Jim Jarmusch". Bon. Marigrade abile e arruolata. Ghe semmu, "Ariston" 21.15, "Paterson". Ed eccola, la poesia, riecheggiata dallo sguardo di un autista sensibile.

Inquadratura fissa e la flemma pervade l'esistenza di un ragazzo tranquillo, regolare, "dalla fidansa disegnata". Via, ci si mette in moto, tra geometrie false (bugiarde e traditrici!), che difatti han sempre bisogno di riflessi, a compensare. Le carrellate da marciapiede (qui da un bus, o col cane a guinzaglio, sciambola!), ©Jarmusch, vengono inserite in un trip più sinuoso tra le basse case di Paterson. Parte puntuale un circolare racconto di vita settimanale, si torna sempre alla rimessa, a casa, in se stessi ("piano piano, se no si squagliano"). Con le dolciamare riflessioni quotidiane, dove la fermata prenotata può essere ovunque, ci si può imbattere nelle fantasiose illusioni di ragazzi come tanti, o ritrovarsi a Monza il 29 Luglio 1900... 
Pellicola fresca, ambiziosa, intelligente, poetica: "originale", senza essere "groviera e cavoletti di Bruxelles". La poesia di William Carlos Williams è un filtro di pizzo con cui osservare i giorni. Versi, come un generoso contributo al fuori di sé. Bruciante forza centrifuga destinata a ritorcersi contro. Ma qualcosa non va, in casa Paterson. Non basta saper cogliere un fiore, anzi: attorno solo calpestatori di professione. Fortuna che la poesia, anche se "scritta a 10 anni", rimane tale, almeno per sé. Scialuppa di salvataggio, per esempio, per un marines ai tempi del terrore. Anche Paterson, da parte sua, può diventare il regno delle fate, cosparso di gemelli, cantastorie, streghe buone (leggere come piume che possono togliere il fiato). Simpatico mondo di smorfie e dispetti, racconti e giostre metropolitane. 
E allora Paterson coglie e mette a posto, carta moschicida delle immagini in metrica (senza rima, come in effetti è); spensierato spesso, sempre malinconico. Passando per la strada si rubano mozziconi di altri giorni di altri passanti (o passeggeri).
Prima della visione, dinanzi alla pizza del Tristano, a chiedersi se Jarmusch ha mantenuto la propria poetica. Che poi cosa vuol dire essere coerente? Una maturazione artistica cos'è? "Potrebbe essere, anche erroneamente chissà (valle a capire le nostre menti, ormai "borghesizzate al capitale"!), esigere un'indiscutibile padronanza di eleganza e raffinatezza?" Ma, allora, un artista che, come il regista di Akron, ha posto le basi della propria poetica nella negazione di affettazioni sterili? "Come la mettiamo? In che direzione matura?", incalzo. Divagazione più che mai calzante all'ultimo lavoro della filmografia di Jarmusch. A mio avviso il suo lavoro più raffinato e compatto. C'è tutto Jarmusch, qui dentro. Ed è il Jim con 36 anni di più.
Ammiccante? Diciamocelo, lo è sempre stato (soprattutto verso sempliciotti come il sottoscritto). Ma chi padroneggia così tutta la sua muta di cani, tra cui "Vanity", "Pride" e tutti gli altri cuccioli capricciosi, può esserlo quanto vuole. Se non altro perché la stessa arte, sia cinema o poesia, ne giova, se proprio non lo richiede.
Intensa lenta emozionante corsa in circonvallazione, fermate a "Vita", poi "Poesia", poi "Amore", quindi "Fiammifero", ultima prima del capolinea: "Cascata", dove perhaps anche Lui, chi può dirlo?, rifletteva sull'Azione, proprio lì, dinanzi all'"acqua che cade come fili nell'aria" (non Ginsberg...).
(depa)

W Jarmusch! E lunga vita a Gaetano Bresci!

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