...e la saetta più intensa

Seguendo il consiglio del fido Prof. Sini, in avanscoperta qualche giorno fa, avantieri sera Elena ed io al "Corallo" a rendere omaggio ai Beatles, spiati e incorniciati da Ron Howard nel suo ultimo lavoro, "The Beatles: Eight Days a Week". Documentario leggero che resta sulla superficie dell'onda del successo che travolse i Fab Four, cavalcata fulminea dalle caverne agli stadi; per poi immergere uno sguardo fugace sui dubbi e una certa noia che li braccarono.

Il raggio più bello...

Non si può più parlare di stupore. O forse sì? Heywood Allen, Allan Stewart Königsberg, a.k.a. Woody Allen, ottantun anni a dicembre, continua nella sua fabbricazione magica. Un'epoca ed una città lontane, entrambe care al regista newyorkese, a far da sfondo alla sbandata più dolce e fulminea. Dopotutto cos'è questa nostra apparizione, l'esistenza, se non un radioso e mendace balzo in terra natia?
Elena ed io, Fedelissimi '81, al Sivori per "Café society".

Selezione all'ingresso

Il secondo film proiettato domenica scorsa, nella libertaria sala...Senarega...o Freddi (decidete voi), è stato "Gattaca" (inutile sottotitolo italiano: "La porta dell'universo"), scritto e diretto nel 1997 dal neozelandese Andrew Niccol. Come indicato dal curatore della rassegna, i temi sono quelli della genetica e, ridiscendendo le pendici dell'idiozia umana, del razzismo.

Benedizione di Stato

Terza e penultima serata in compagnia della fantascienza che ipotizza (paventa) futuri alternativi per porsi domande sul presente. In piazza Senarega, domenica scorsa, è stato proiettato "THX 1138 - L'uomo che fuggì dal futuro", scritto e diretto da George Lucas nel 1971, qui al suo primo lungometraggio. Il rischio di un futuro che non lasci alcun margine alle sfere individuali è più che mai attuale; imperdonabile aver ignorato le continue avvisaglie di tale processo votato alla produzione, al consumo (utilitarismo) e all'omologazione.  A nient'altro.

Sarà sempre too late

Coi primi fuoriusciti dall'ultimo Festival di Venezia nelle sale, sabato pomeriggio scorso ho iniziato a sfrondare. All'"Ariston" c'è stato "Frantz" di François Ozon,  melò d'autore, ambientato sulla fatale linea franco-tedesca, proprio tra due Guerre Mondiali,  in un traslucido e remoto bianco e nero che sa di ricordo e menzogna. 

Bello come un generale in trappola

L'altrieri, un po' ché era un titolo culto già dai "miei" tempi delle VHS de "L'Unità" , un po' ché l'indimenticato Circolino sulla Martesana proprio in questi giorni lo proietterà nella sua rassegna "In nome del popolo sovrano - Luci e ombre della democrazia, la 'peggiore forma di governo escluse tutte e altre'" (ciao CFUP, mi manchi), vi si aggiunga che il regista greco, emigrato in Francia, Constantinos Gavras (a.c.c. "Costa-Gavras", Arcadia 1933) non era ancora passato per "Il Cinerofum";  mercoledì sera, dicevo, ho premuto "Riproduci" per "Z - L'orgia del potere" (1969): atroce e realistica trasposizione dell'ennesimo grottesco più infame nella dittatura più reale.

Poesia di strada

Logorante Aki Kaurismäki, insopportabile. Il regista finlandese, sceso a Genova per vedere "'sta sala Valéry di cui si sente tanto parlare", è passato portando con sé "Vita da bohème" (del 1992) e al Cinerofum siamo stufi di innamorarci del suo cinema, poesie brevi, tra magici giochi di sguardi ed essenziali scambi di battute, il tutto nello scenario dell'oscura e temibile selva umana.

Note di bianchi e neri

La sala Valéry, cosa piuttosto ovvia, quando si guarda cinema francese, gongola di gusto. Sarà stato per questo motivo che, ieri sera, alla partenza di "Tirate sul pianista", diretto da François Truffaut nel 1960 (al secondo cimento), tutto era al proprio posto. Compresi i tre spettatori: Elena, Mino (fornitore della "pellicola") ed Io. E, se si esclude l'unica distratta dall'attività ricettiva nelle stanze di là, tutti estasiati di fronte alla spigliata eleganza di questa storia nera di un pianista elegante che tante ne ha viste.

Andiamocene Chappy

In seconda battuta, ieri sera, dopo che Elena se n'è tornata a casa a riprodurre le sue "Zz" preferite, in piazza Senarega è stato proiettato "Apocalypse 2024: Un ragazzo e il suo cane": prodotto, scritto e diretto nel 1975 da L.Q. Jones, regista e soprattutto attore statunitense classe 1927, è un fantascientifico che colpisce per l'originalità di alcuni elementi cardine dell'intreccio e per il cinismo, al confine col maschilismo, del suo spavaldo protagonista. Ma, si sa, la carne è debole e le menti non stanno certo meglio.

Nei vortici dei globuli azzurri

Altra serata di cinema libertaria, ieri, in piazza Senarega. Il secondo doppio appuntamento ha previsto, in prima battuta, "Viaggio allucinante" (t.o. un più blando "Fantastic voyage"): diretto nel 1964 dallo statunitense Richard Fleischer, è un percorso visio-scientifico (ma sì, fusione visionario e scientifico, no?) alla scoperta dell'invisibile complessità dell'organismo umano (almeno ad occhio nudo).

"Montecarlo...o Mosca!"

Escludendo la breve apparizione rogopatica, erano quattro anni che il cineteorico radicale Jean-Luc Godard (86enne a dicembre) non passava a farmi visita in una qualche sala del 'Rofum. In sala Valéry, ieri sera, "Bande à part", del 1964: triangolo criminamoroso spensierato e letale, vita viva vita in corsa, sino allo sparo per cui può valere la pena.

Fuga a Nordest

Sul 'Rofum, qualcuno immaginario lo sa, il percorso "Nikita Michalkov" è cominciato qualche settimana fa. La seconda tappa, raggiunta ieri sera nella signorile sala "Carignano", ci ha condotto ad "Oci ciornie" (1987), luogo russo a mezza strada tra dolce fantasia ed amara realtà, dove una cagnetta bianca e due occhi neri si rincorrono...

Compromettiti tu

Sempre nell'ambito del progetto "Zones Portuaires", al "Sivori" ieri sera è stato proiettato "Le nevi del Kilimangiaro", pellicola del 2011 diretta dal marsigliese Robert Guédiguian (ed ambientata nella sua città): semplice e intelligente, amara e dolce come la vita quando ci viene strappata, e ce la riprendiamo.

Sete di Libertà

Nell'ambito dell'interessante progetto "Zones Portuaires", accanto ad altre iniziative, anche il cinema vuole e racconta la sua parte. Al "Sivori", ieri sera, è stato proiettato "La nave dolce", documentario di produzione italoalbanese, diretto dal laziale Daniele Vicari nel 2012 e incentrato su un episodio ormai dimenticato, le cui immagini sono una lontana impressione su qualche retina di fanciullo. La traversata adriatica, da Durazzo a Bari, compiuta dalla portarinfuse "Vlora" l'8 agosto 1991.

"Quello che domandiamo è libertà"*

Ieri sera, già annunciata da Freddi lo scorso 12 agosto notte passato a gridare "Auguri!", è partita la rassegna "L'angoscia del presente nella fantascienza del passato". Nella seminascosta piazza Senarega, io ed Elena, ci siamo seduti per assistere alla doppia proposta: 1- "Il prigioniero - Ep. II Servizi Segreti" dalla serie TV inglese del 1967, scritta e interpretata dal newyorkese (presto rientrato in Irlanda) Patrick McGoohan (1928-2009) e diretta dal britannico Don Chaffey (1917-1990); 2-"L'ultimo uomo sulla terra" produzione italo-statunitense del 1964, diretta a quattro mani dal catanese Ubaldo Ragona (1916-1987) e dal newyorkese Sidney Salkov (1909-2000).

Risi e Pozzetto pericolosi

Sala Valéry carbura, Elena ed io con lei. Ieri sera in forma spensierata, Elena voleva qualcosa di divertente...e allora beccati questo: "Sono fotogenico" diretto nel 1980 da un certo Dino Risi, con Renato Pozzetto ispiratissimo, coadiuvato dal torinese Aldo Maccione, vero e proprio mattatore  e una sfilza di interpreti di prima classe ad impreziosire, con camei più o meno brevi, una pellicola che, già di per sé, è un autentico gioiello.

...e la vita è topo

La sala Valéry, cometa fulgida e fulminea forse all'apice del suo breve percorso (quanto durerà?), ieri sera è stata travolta dall'azione e reazione d'un western in Cornovaglia. Nel 1971 il californiano Sam Peckinpah diresse "Cane di paglia", grandiosa escalation di violenza tra autoctoni e furesto, ripresa con agilità da un regista che di sangue e polvere ha cosparso la sua filmografia.

I Love NY, I love me

Ieri sera in sala Valéry è tornato Woody. Lo ha fatto portando con sé una dichiarazione d'amore per l'amore stesso "per" e "a" New York. Nell'isola tra Hudson e East River, guardando il ponte di Brooklyn, innamorarsi è cosa dolce, quando, su ogni sentimento, aleggia l'altro grande e oscuro oggetto del "suo" cuore: New York. "Manhattan", del 1979, è il delicatissimo e un po' sofisticato bacio di Woody Allen per la sua città natale.

La laurea è importante

Effetto cinema. Uno degli. Va' così, a volte vedi un film e nella tua testa c'è un percorso personalissimo, forse sbagliato. Anzi, spesso. Giovedì scorso ho trascinato Elena e Barabba all'"Ariston" per l'ultimo film del romeno Cristian Mungiu, "Un padre, una figlia" (t.o. in inglese "Graduation", molto più adatto) e due mie ipotetiche intuizioni mi hanno, da una parte, "rovinato la sorpresa" e, dall'altra, regalato insperati momenti d'ilarità...

Melò in risaia con coro

Incredibile. Ieri sera, in sala Valéry, un mezzo miracolo. No, non per la presenza di due ospiti francamente evitabili (Mino attento e Baracca inutile); bensì per il fatto di essere riusciti a vedere quel "Riso amaro" (1949) che il Cinerofum inseguiva da anni... Giuseppe De Santis, però, lascia la sala un po' delusa: il suo melodramma risulta ben distante dal neorealismo puro che a noi piace, privo di reminiscenze di genere e la cui esperienza, per noi, non risulta assolutamente "relegata alla sperimentazione d'autore" (S. Bedetti), anzi.