Chiuso, dentro.

Poca roba nelle sale in questi giorni. Al "Corallo" è in programma "Manchester by the sea", pellicola americana del 2016, scritta e diretta dal newyorkese 1962 Kenneth Lonergan, che ha raccolto ottimi responsi. Memore del sintetico messaggio di Juri: "Non male, ma nulla di eccezionale", mi porto Elena appresso e, a fine, visione, concordiamo col compare in avanscoperta. Film formalmente rigoroso, è vero, capace di intensità costante. Ma la solita perfetta tramontana che giunge dall'inesorabile Nord è una cosa; un nuovo, sconosciuto vento che ci stupisce...un'altra.

Fotografia, linda e luminosa, per un'opera matura (non conoscevo l'autore e l'errata supposizione che fosse un esordiente ha contribuito non poco alla mia sorpresa, anch'essa quindi campata per aria). Scenario algido come il vuoto comunicativo che isola i protagonisti. Dalla natura apparentemente priva di cuore della costa del Massachusetts, prende il via questo racconto di doloroso rimorso (e conseguente solitudine). "Non so come sto". Per certi versi, un inno alla psichiatria, ode allo psicologo di quartiere. Magari per far fronte all'inaridimento dei cuori cui non sembriamo in grado di far fronte ("Non voglio vederlo qui" è una frase cui siamo ormai abituati, così come "hai visto il video...", "ieri ha guardato la mia pagina...", "certo che buttarsi dal balcone..."). A prescindere dalla quantità d'alcol ingerita. A tal proposito, il film nella sua apparente maturità non riesce a sganciarsi da alcuni stereotipi moraleggianti (il fattaccio è stato conseguente ad uso di droga e alcol, cosa che faccio abitualmente senza aver mai dato fuoco a nessuno).
L'utilizzo del sonoro colpisce sin da subito. Se non originalissimo, almeno più pensato rispetto al declassamento, che mi pare di avvertire nel cinema degli ultimi anni, ad esso riservato. Ma ecco l'episodio clou dell'incendio, dove il sonoro ritorna appunto, sul comodo selciato di Viale dei Cliché. Sia chiaro, nonostante la sceneggiatura per nulla innovativa, gli sforzi per scrivere qualcosa di nuovo ci sono, basti vedere la significativa sequenza del secondo incontro tra il protagonista (il fratellino di Ben Affleck, Casey, che ci ha convinto entrambi) e la ex: balbettamenti, nervi a pezzi, frasi a metà, labbra tremanti, scatti imbarazzati...sintassi inconsueta per il cinema pret-à-voir che sbanca botteghe e botteghini (come, sì, anche la sequenza della pallina, non chiusa col classico happy flavour, ma lasciata sapientemente a mezz'aria).
Umilmente direi buona pellicola realizzata con cura e intelligenza (da qui il "non male"), ma che, se guardata da lontano, palesa scarsa originalità (da qua il "nulla di eccezionale"). Insomma, da qui all'attribuire un qualche significato all'ormai consueta serie di corone d'allori della locandina, ce ne passa.
Rileggendomi mi accorgo di aver sbagliato il tono e, quindi, di poter essere frainteso. La solita voglia del Cinerofum di rompere. Invero, sia Elena sia io consigliamo questa visione che spicca nel vuoto delle sale (altrimenti si finisce al Cineplex...).
(depa)

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