Senza pudore

Sala Valéry tosta. Ieri sera ha picchiato duro. Elio Petri, nel 1976, colpì senza paura. "Todo modo", liberamente (quanto?) tratto dal romanzo omonimo di Leonardo Sciascia, uscito due anni prima, allestisce in chiave grottesca tutta la farsa del potere democristiano che, dal dopo guerra, inesorabilmente ha divorato la classe politica italiana. Non solo DC e non solo Italia, certo, ma nel paese della Santa Madre Chiesa la malattia, tutt'ora in corso, ha virulenza tutta particolare.

Una didascalia iniziale ci spiega la logica che sta dietro a certi "esercizi spirituali", perpetrati sin dal XV° secolo...in che modo? "Tutti i modi per cercare la volontà divina". Ergo: come strumento di potere, per raggiungere e mantenere il quale, ogni mezzo è giustificato. La religione come strumento ausiliario al comandare (che «è megghiu ca futtiri», come dice l'eunuco parlamentare). Niente di nuovo. Ma è sempre una botta.
Il regista romano, grazie ad un cast d'eccezione, che pare forgiato per il suo espressionismo sociale, sporco ed inquietante, allestisce un'opera deflagrante. Marcello Mastroianni, Gian Maria Volonté ti trapassano. Mariangela Melato colpisce al petto. Ciccio Ingrassia lo stomaco. Per citarne alcuni. Ennio Morricone completa l'esperienza.
Distopia apparente, quella dove potere spirituale e politico vanno a braccetto (al banchetto). Niente di immaginario, ormai da secoli la realtà è tale quale. Il grottesco, quindi, esonda sulle nostre coscienze, chiedendo loro come sia potuto accadere. Un'atavica e furibonda ipocrisia, una morbosa avidità attanaglia i protagonisti della politica dei nostri paesi (per costruzione?). "Compromesso Storico", "Riconciliazione" ("vero?"), in tal senso, furono il gran finale, la summa di tutto il gran fallimento che fu il XX° secolo politico. Petri batte il martello quando è incandescente, in anni che già erano di piombo: il trovarsi lì è, di per sé, indice d'una stortura morale, d'una malattia ideologica. Non c'è lato della mela che non sia marcio. Tutti coinvolti. Di fronte alla meschinità di coloro cui affidiamo le nostre vite (danari e speranze), frustrazione e rabbia montano grazie ad un'opprimente e angosciosa atmosfera. Poi ci si stupisce che, 40 anni dopo, si ritorni il concetto di anti-politica.
-"Faccio sogni...". -"Atti?". -"Nessuno, come in politica..." (magari fosse verissimo!).
Moro, Andreotti, Fanfani, furono solo alcuni dei tanti Macbeth corrosi dentro (con la loro Lady, sexy e famelica),  lungo il crescendo di delirio e morte (eh già). Niente sontuosi castelli, al giorno d'oggi: si incontrano e nascondono in eleganti sotterranei (fogne), dove nessuna foresta di Birnan, né alcun "ángel exterminador", arriverà a far giustizia (se va bene han già prenotato una camera allo "Zafer").
Se non fosse un film di Elio Petri, direi che è il suo film più feroce (chiaro no?).
(depa)

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