Un giorno tutto questo...

Questa volta, un po' l'accenno di Marigrade (sempre prezioso), un po' l'invito di Sa' (poi auto-paccatasi), siamo Elena ed io ad imbarcare Mino verso i Cappuccini. In programma è "Victoria", pellicola tedesca del 2015, diretta da Sebastian Schipper, classe 1968, dove un lungo e intenso, splendido piano sequenza ci racconta di un rush notturno che è tutta una vita.
Dall'inizio alla fine, il fascino e il pericolo insiti nello smollare gli ormeggi. Quelle serate lì, in cui davvero ad ogni svolta tutto può succedere, quando l'ignoto esplode nelle infinite possibilità e la salvezza è l'ultimo dei problemi; quando il primo testa di cazzo si trasforma nell'amico sconosciuto cui tutto affideresti (pure la vita). "Fare attenzione" sarebbe l'unico modo, ma falserebbe il salto.
L'incipit coglie lo spettatore di sorpresa ("un rave qui in parrocchia?!"), ma è meraviglia-techno d'autore. coerente con l'intera visione successiva. Intrufolati silenziosi, seguiamo Victoria di Madrid nella sua seratina prima di attaccar presto, al bar dove lavora. Vodka alla goccia, prima di uscire dal club. Tac. Ecco l'incontro fatale tra ragazzi con tanta di quella energia dentro che brucerà. L'invito...accettato. Tra loro Boxer fa paura a guardarlo, ma c'è quella storia dell'abito...e in palio c'è anche l'orgoglio (sfigata no!). Un terrazzo ad alto rischio, poi un pianoforte con movimenti che, più che le orecchie, spalancano la bocca. Momenti forti, sorridenti, gridanti, etilici...ormai il gettone è stato inserito, inesorabile lo si sente nella carcassa e azionare il meccanismo.
Quando la partita pare vinta (un grandioso ritorno al club, da imperatori), altra svolta dietro cementi grigi mai così massicci, a suggerire la portata della conseguenza (dell'assetto anti-sommossa). La m.d.p. s'unisce alla corsa furiosa, schiva, s'accascia, scivola, si nasconde. Assieme a chi è rimasto. Sonne, senza respiro, guarda Victoria...ripensa a quel "un giorno questo locale sarà nostro". Grandi.
Apnea cinematografica che allarga i polmoni. Non mi pare sia proprio "nulla".
(depa)

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