NO 594, NO GUNS

Vedete? Mica invento. Documentari come se piovessero. Inondocumentaria (da non confondere con quei documentari che non vogliono esserlo). Uno tsunami d'informazione su grande schermo. Martedì scorso pure la Ele presente per "Under the gun", filmato del 2016 diretto da Stephanie Soechtig: l'ennesimo approfondimento sul suicidio di massa in corso negli sfavillanti "States". Proprio ora che anche in Italia, di notte, si può sparare per legittima difesa, l'occasione è ghiotta per mettere in luce un altro, attualissimo e completo fallimento dell'umanità.

Più armi che abitanti. Più armerie che macRonald e concorrenti messi assieme. Quindi sparatorie, stragi. Dita puntate, caccia alle streghe, razzismo; rancore che monta. Non ho paura di alcun pazzo criminale. E non avete idea di quale altro genere di vita sia quella senza tale terrore. Gli Americani si trovano in questa situazione, al di là delle ragioni storiche (il far west non è una favola, ma l'epopea dei padri fondatori), perché sono nelle mani di chi li amministra per i propri fini (guadagni). Ciò capita in tutte le nazioni. In America però chi governa, direttamente, è chi produce armi. Il documentario spiega bene quale sia stata la svolta che ha permesso National Rifle Association (NRA di sta cippa) di essere padrona di trecentoventicinque milioni di persone. Le lacrime dei genitori senza più figli ornano le villette delle zone residenziali come fiori finti. Gli stati moderni, in virtù di una falsa rappresentanza, divorano quegli insignificanti insetti che siamo.
"Un uomo col fucile non è per forza cattivo", falso: è pessimo di sicuro. E se per un caso infinitesimale fosse buono, gli preferirei sempre un altro senza una cazzo di arma in mano.
Piuttosto che arrovellarsi su cavilli e II° emendamenti (sport che ha sempre appassionato gli statunitensi, persi dietro lucciole), trucchi cui lobby e major interessate, nella nazione dove comandano, si nascondono sghignazzando, ritengo che gioverebbe di più rinsavire, rivivere, fermare questi avidi assassini dal potere illimitato.
Spunto fondamentale offerto da questo documentario, a mio avviso, il riflesso negativo che i processi, giuridici e mediatici, hanno sulla vita degli "incapaci di intendere e volere", di coloro che hanno problemi psichiatrici. Ora che ci penso, anche io ho sempre pensato che fosse uno squilibrato chi compiva una strage. Ma se invece non ci fosse alcun tipo di variabile impazzita? Se invece fosse normale, quasi ovvio, che una persona che altrove potrebbe vivere normalmente con un quid che, anzi, verrebbe etichettato come genialità, in uno stato dove pistole, mitra, fucili sono in vendita accanto alle caramelle, finirebbe col impugnare una di quelle automatiche e far fuoco? E se fosse che la NRA, per esempio, investisse ingenti patrimoni per insistere, convincere, far elaborare alla comunità che un ragazzo che ammazza con un'arma è sempre un pazzo? Questo, tra l'altro, permetterebbe anche allo stato di trattare di conseguenza chi ha ucciso e, soprattutto, i pazzi (quelli veri). Così si chiude il discorso.
Il discorso, invece, è ampio e complesso. Il documentario offre qualche riflessione nuova, qualcuna vecchia. Ma è meglio tenere gli occhi aperti. Quanta strada ancora dovremo fare per liberarci da queste facce da schiaffi?
(depa)

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