Rifallo ancora Steven

Dopo l'inattesa incursione di Zippino, ieri sera in sala Valéry è tornato il cinema. Non certo per merito suo, anzi: al veder scorrere immagini bianche e nere, tra quelle di repertorio e quelle sapientemente confezionate nel 2006 da Steven Soderbergh, il suo sconforto ha rischiato di interrompere sul nascere la visione. Sono sufficientemente contento che non ce l'abbia fatta, dato che "Intrigo a Berlino", oltre la ricercata veste rétro, sfoggia l'intreccio e l'andamento dei cari noir del passato.

Altrimenti come sarebbe potuto succedere che entrambi resistessero per l'intera durata della pellicola? E' vero, ad Elena abbiamo dovuto ricapitolare tutto dopo aver osservato il suo sguardo perso. Agli occhi di Zippino, invece, ho dovuto ingigantire l'opera affinché si facesse piccolo. Resta il fatto che, in primis, il tributo fatto dal regista statunitense al cinema di una volta risulta di grande impatto visivo e che, in secundis, un George Clooney pestato così tante volte è merce rara. A parte gli scherzi, l'atmosfera, ingrediente cardine, è resa perfettamente grazie alla fotografia, con uso massiccio di luci/filtri appositi, alla colonna sonora invadente quanto basta, a vezzi registici doverosi (inquadrature e movimenti smaccatamente autoriali). L'omaggio a "Casablanca e le sue sorelle", quindi, per me è stato un esperimento apprezzabile, così come l'originale impasto di immagini storiche e filmiche.  Attori ben calati nella parte: Cate "Lena" Blanchet misteriosa e algida, si terrà il suo segreto sino alla classica partenza (voto zero alla doppiatrice: ok l'accento tedesco, ma non son tutte trans da quelle parti); Clooney più libero di spaziare, come al solito; Tobey Maguire mina impazzita.
Una vicenda di americani e russi che "strattonano" i malcapitati al di qua e al di là del muro può essere interessante. Nessuna corona, ma nemmeno un rotolo di carta igienica.
(depa)

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