"Fisse e dilatate"

Dove lo trovi un quartiere in cui, camminando tra caruggi e bui passaggi, ci si possa imbattere in una proposta cinematografica, così, prêt-à-prendre, via, da vedere a casa. Magari in sala Valéry, come ieri sera, dove Elena ed io ne abbiamo viste di belle (o di orride, dipende) per colpa di Michael Crichton, "incontrato" nel tunnel della Balaclava. Scrittore in primis, con romanzi thriller-scientifici celeberrimi, regista per il conseguente desiderio d'un altro mezzo narrativo, l'autore di Chicago, classe 1942, ha dalla sua la forza dell'intreccio, ciò vuol dire ritmo, ciò vuol dire emozione, che vanno a scuotere gli spettatori, soddisfatti di aver pagato il biglietto. "Coma profondo", del 1978, secondo film del regista, appresso al canovaccio vincente, propone un cast di giovani promettenti e immagini di grande effetto.

Ritrovarsi per l'addio

Altro Fritz Lang, anzi, l'ultimo. Ma no, che avete capito?! "Il diabolico dottor Mabuse", del 1960, fu il lavoro finale del fondamentale regista austriaco. Dopo quasi trent'anni dalla sua seconda ed ultima apparizione (periodo coincidente col lungo esilio dell'autore dalla terra natia), fece ritorno sui grandi schermi uno dei primissimi signori del male, il Mabuse, scienziato con enormi disturbi emotivi, dedito all'onnipotenza: ardua la sua cattura, dati i poteri paranormali e l'inventiva degna degli assistenti dell'agente segreto inglese ben più rinomato. Ma Lang l'ha acchiappato e fermato su questa preziosa pellicola, che in sala Valéry ha tenuto Elena e me svegli coi trucchi e i misteri della grande narrazione di spionaggio.

Murder & Revenge!

E domenica mattina, sempre in sala Valéry, è stata la volta di un Fritz Lang anomalo. Per l'ambientazione, il mitico e violento Far West, non certo per la disinvoltura mostrata dal regista austriaco nell'allestire (in studio) un racconto così avvincente. "Rancho Notorious", del 1952, è una lunga e faticosa vendetta in technicolor vivace, dove il carisma di Marlene Dietrich, tra leggenda e tempo che passa, si delinea ancor più marcato.

Controllo luce

Fine settimana Fritz Lang. In sala Valéry, venerdì scorso, è stato proiettato un altro lavoro del regista austriaco (nella versione francese, fornita ancora una volta dal prezioso archivio di Sergio). "Il testamento del dottor Mabuse", del 1933, è il secondo capitolo della saga dello scienziato pazzo che volle controllare il mondo, a pochi attimi dal Reichstag...

Welcome to (our) Hell

Ci andai vicino. Quasi indovinata la conclusione dell'avvincente rassegna anticlericale organizzata dai ragazzi della "Ferrer". Nessun ecclesiastico dilaniato, ma Satana in persona a minacciare l'intero creato. "Il signore del male" fu evocato nel 1987 da John Carpenter e alcuni suoi amici, tra cui i sopravvissuti a quel gran casino di Little China, Alice Cooper (che qui interpreta "street schizo", cioè se stesso) e una masnada di zombificati. Il risultato è un countdown electro-demoniaco che non annoia.

Maledette

Il giugno 2017 verrà ricordato come il mese di Fritz Lang. In sala Valéry, ieri sera, un'altra perla "prodotta e diretta" dal regista austriaco nel 1945, nel suo lungo periodo hollywoodiano: "La strada scarlatta" comincia come un gioco a tre e conduce alla disfatta di tutti. La malafemmina, il magnaccia e lo stupido...ma, come in ogni grande opera, i personaggi hanno contorni sfumati e su tutti incombe la società del consumo e dell'apparenza.

Il Boia ci molla

L'"Altrove" si ferma, altrove si va. Ci pensiamo Elena ed io, col prezioso contributo della Sala Valéry e dell'Archivio Sergio, a portare avanti la bandiera del noir. Più precisamente, lo stemma di Fritz Lang (aquila nera con monocolo), il quale nel 1943, assieme a "Bert" Brecht, scrisse una pellicola emozionante, dato il tema caldissimo (soprattutto per l'epoca) e la messa in scena, asciutta e potente, con un goccio di retorica, ma tanto silenzio per riflettere. "Anche i boia muoiono" è l'ingranaggio demoniaco delle occupazioni e il meccanismo eroico delle resistenze.

Ecce Familia

Nemmeno sabato scorso le sirene musicali ed alcoliche sono riuscite a trattenerci. Elena ed io al "City" dov'è la proposta, di qualche settimana, di Mino; idea da lui stesso rinnegata, post-visione, mentre Juri la considera tra le migliori della passata stagione. "Sieranevada", scritto e diretto dal romeno Cristi Puiu nel 2016, è il punto d'osservazione ideale per l'ennesima Famiglia che non lo è (come tutto là fuori).

Dio con stricnina

Una settimana fa, a suggerire il coinvolgente crescendo blasfemo realizzato dai ragazzi del "Ferrer", scrissi iperbolicamente come ci fosse d'aspettarsi "preti e cardinali squartati vivi da canute divinità pagane". Beh, è andata anche peggio. Nonostante Pedro Almodóvar neghi, nella sua santissima madre Spagna, "L'indiscreto fascino del peccato", da lui scritto e diretto nel 1983, è une vera botta, un'overdose di anticlericalismo, mina nella testa di ogni fedele credente. Sottotitolo: "Adicciòn".

Pezzi d'alt(r)icinema

Dopo il primo appuntamento e le conseguenti emozioni, avrei mai potuto, io umile spettatore, andarmene senza vedere un altro film di Tonino De Bernardi, oltretutto perdendo la preziosa occasione di incontrare il regista ottuagenario? Negativo. "Piccoli orrori", del 1994, conferma la tenace vocazione del regista di Chivasso a sperimentare una nuova messa in scena autoriale, e una recitazione professionista e non, che restituiscono un cinema diverso: lontanissimo dalle sale d'aspetto di "grandi" (ed avidi) produttori.

Taglietto e peluche

Toh, chi si rivede!, "Gli amici del cinema". Dopo due mesi e mezzo si ripresentano con un'ottima proposta legata al contemporaneo "Festival della Poesia". Perché il cinema la sa e può fare. E in effetti Tonino De Bernardi, simpatico ed originale regista d'avanguardia, classe 1937, di ambizione poetica ne ha, portandosi a presso pure risultati notevoli. Come per esempio questo "Rosatigre", del 2000, "fotografato e diretto" dall'autore di Chivasso: un affresco rosanero di una passione logorante, ma viva.

Frank Braccato

Come detto, altro noir (stavolta più canonico), altro francese, altro 1967, altro Delon e altro de Roubaix...all'"Altrove". Il regista che s'è accomodato in sala alle 21:15, però, è...un altro (!): Jean-Pierre Melville in quell'anno diresse l'attore in auge su schermi e rotocalchi transalpini, cucendogli un kimono da freddo assassino. "Frank Costello faccia d'angelo" (t.o. "Le samouraï") fa dell'atmosfera, tra criminale e poetica, il suo punto di forza.

La botola, il cane, il lampadario, l'arredatore...

Altro lunedì di noir in pellicola, all'"Altrove". Ieri è stata la volta del 1967, dell'affermato Alain Delon e del compositore François de Roubaix; del cinema d'Oltralpe, indubbiamente. Il primo incontro è stato con l'ultimo...film Julien Duvivier (1896-1967), "Diabolicamente tua", un noir contaminato da luci e colori di giornate sfarzose, dall'atmosfera elettrica più che fumosa, con due protagonisti pericolosi come ciliege succose e abbondanti.

Amen.

Booom! Che botto al "Ferrer", ieri sera. Se tanto mi dà tanto, i prossimi appuntamenti della rassegna anticlericale riserveranno horror in cui preti e cardinali vengono squartati vivi da canute divinità pagane. Per avere un quadro realistico di una sola delle nefandezze perpetrate da Madre Chiesa (e tutte le sue sgualdrine), "Magdalene", del 2002, scritto e diretto dall'irlandese Peter Mullan, è il film da vedere. "Leone d'Oro" allo stare in guardia; alla memoria di chi, tra gli artigli della religione di Stato, ha perso la vita (in tutte le accezioni possibili); al comprendere che più episodi di prevaricazione, rivelano l'elemento fondante.

Alcol e attizzatoio, no buono

L'altro ieri pomeriggio pioggia di celluloide...all'"Altrove". Era il proiettore che sbrodolava, da lassù, emozionato per quanto gettato sul telo bianco. Comprensibile, nessun imbarazzo mr. Proiettore: "Gardenia Blu", del 1953, diretto da Fritz Lang, è una bobina (anzi due) che non lascia incolume chi le passa davanti.

Chiesa che uccide

Giovedì scorso, al "Ferrer" di piazza degli Embriaci è stato il secondo atto della rassegna anticlericale. Superati alla grande i consueti guai tecnici, il telo bianco s'è coperto di "Giordano Bruno", film diretto nel 1973 da Giuliano Montaldo. Figura sontuosa, quella del monaco filosofo di Nola, che ben sì meritò l'adunata di gran professionisti al seguito del regista genovese: Gian Maria Volonté protagonista, Vittorio Storaro alla fotografia, Ennio Morricone alle musiche. Tutti in Campo de' Fiori, a dare il definitivo saluto a chi non s'arrese al potere spirituale divenuto materiale, all'ipocrisia di una dialettica che, nella realtà, è più politica che religiosa. Alla più vile menzogna, perché pronunciata con la maschera della Somma Verità.

Silenzio su Alamar

Elena ogni tanto tira fuori dal cilindro un film. Dichiara di voler andare a vedere allo "Slowfish" un documentario su alcuni pescatori indigeni... Poi non lo farà, nonostante una pianificazione quasi credibile; forse perché, come le ho sibilato, "sembra facile, alzarsi e andare". E allora ringraziamo i "Cappuccini" che ci permettono il recupero di "Alamar", documentario messicano del 2009, diretto da Pedro Gonzàlez-Rubio (1976-?). Nella Giornata Mondiale per l'Ambiente (...) non resta che estasiarci di fronte alla bellezza che la Natura ha allestito per noi, risultato di complesse ed oscure sinfonie, e rammaricarci per lo scempio che ne abbiamo fatto e continuiamo a fare. Eppure si tratterebbe dei nostri amatissimi figli: già morti.

Tratto Miglia Pesta

Ieri, coi miei Angels da sala al seguito, mi sono diretto a recuperare quel giapponese che da un po' s'aggirava al "City". Si trattava di "Ritratto di famiglia con tempesta", film del 2016, diretto da Kore'eda Hirokazu. Tentativo ozuiano che lascia il tempo che; non un brutto film, ma il lavoretto scolastico testimoniante il fatto che il regista tokyota classe '62, avendo ben studiato il grande maestro, suo concittadino, domani potrà festeggiare il compleanno (notizia che fa la fine del tentativo).