Il Boia ci molla

L'"Altrove" si ferma, altrove si va. Ci pensiamo Elena ed io, col prezioso contributo della Sala Valéry e dell'Archivio Sergio, a portare avanti la bandiera del noir. Più precisamente, lo stemma di Fritz Lang (aquila nera con monocolo), il quale nel 1943, assieme a "Bert" Brecht, scrisse una pellicola emozionante, dato il tema caldissimo (soprattutto per l'epoca) e la messa in scena, asciutta e potente, con un goccio di retorica, ma tanto silenzio per riflettere. "Anche i boia muoiono" è l'ingranaggio demoniaco delle occupazioni e il meccanismo eroico delle resistenze.

Non si tratta di un noir ma di un drammatico ambientato in piena lotta partigiana, dove le azioni, in realtà una sola, ma grossa (l'omicidio del "boia" Heydrich), comportano l'inevitabile rischio della delazione, che tanti danni ha fatto ai movimenti di resistenza dei vari paesi. In questo caso, nell'indomita Cecoslovacchia. Lang, richiamando tutta la propria esperienza espressionista, allestisce un bianco e nero che allunga le ombre o delinea i contorni, a seconda del momento. Ulteriore esempio di come le correnti passate abbiano molto da dire, soprattutto quando innestate con maestria in quelle nuove, coi mezzi nascenti. In questo caso, il sonoro viene impiegato provocatoriamente per aumentare il silenzioso frastuono di una città sotto coprifuoco, l'"innaturale" assenza di collegamenti musicali. Le dissolvenze frequenti e repentine, coi lenti ma efficaci zoom, sono la punteggiatura scattante del regista austriaco, che non perde tempo: il tema è rovente e di carne al fuoco ce n'è. Il racconto avanza poggiando su cardini che non cigolano. Assenza di colonna sonora, giuste pause, rigonfi silenzi, così dev'essere rappresentata questa moderna tragedia umana dove, nei momenti lucidità, al di là di vinti e trionfatori, ci si avvede della comune disfatta.
(depa)

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