Pezzi d'alt(r)icinema

Dopo il primo appuntamento e le conseguenti emozioni, avrei mai potuto, io umile spettatore, andarmene senza vedere un altro film di Tonino De Bernardi, oltretutto perdendo la preziosa occasione di incontrare il regista ottuagenario? Negativo. "Piccoli orrori", del 1994, conferma la tenace vocazione del regista di Chivasso a sperimentare una nuova messa in scena autoriale, e una recitazione professionista e non, che restituiscono un cinema diverso: lontanissimo dalle sale d'aspetto di "grandi" (ed avidi) produttori.

Film girato in 35mm è, a detta dello stesso regista prima della visione, "un'antologia di...brutture d'ogni giorno; avrei voluto che fosse trasmesso in TV alla mattina, ad esempio per le casalinghe". L'autore piemontese fa il modesto e la mette facile; forse riferendosi solo al primo di questa quindicina di frammenti, dove una naufragio in cucina rievoca quello del transatlantico (almeno nella testa della massaia disperata). Invero anche quel primo episodio esige un certo impegno e le casalinghe, si sa, sono già oberate a sufficienza. A fortiori visto nel suo insieme, che "Piccoli orrori" sia destinato ad un pubblico "semplice" è quantomeno dubbio. Tanto per capirci: sul finire c'è Enrico Ghezzi ("cui devo tutto, al suo 'Fuori Orario', nel bene e nel male", come sottolinea De Bernardi, augurando al sommo critico del bergamasco una pronta guarigione) che, prima di indossare le ali d'angelo del focolare cinematografico e urlare che "la vita è sogno!", profetizza "quando vedrai l'obbrobrio della desolazione dove non dovrebbe!". Insomma, roba d'un certo livello
A fine visione, Tonino (mi permetto, scambiati sguardi e sorrisi col simpatico e cortese autore) è visibilmente emozionato (imbarazzato? Scherzo!), spiega di essere "l'ultimo a dover parlare di quest'esperimento di vent'anni fa". Ciò nonostante l'autore risponde volentieri alle domande del pubblico (una decina di persone nella calda sala degli "Amici del cinema"), permettendoci di trapelare qualcosa del suo modus operandi: "mi piace creare contrasti, non per il gusto del c. in sé, ma per contaminare (da qui l'episodio "Contagio"). Sono echi e chissà se sta bene al ricevente, cui chiedo indubbiamente uno sforzo, come inoltarsi nel retroscena di ciò che presento" (leggi: collegare ogni sequenza alla storia ed alla cultura del territorio in cui è ambientata). Questo film, appartenente alla primissima parte della filmografia di De Bernardi, può definirsi cinema letterario, come scrissi altrove. Per questo le citazioni dal pubblico fioccano ("Il girotondo di Schnitzler!" propone Marta, apparsa magicamente, al suo amico Tonino, un po' perplesso; "Il canto dei cantici" constata un altro diligente studioso). "Eri il mio sogno, eri in me, ora non sei niente" dice una madre abbandonata dal cuore del figlio (...quella tragedia greca là, cita la curatrice della serata, confessando poi sconsolata che, per quanto riguarda "il grande rogo e il macello, invece no, niente": "terra di Sardegna e Piemonte" rivela il regista). Senza dimenticare un rapper collinare col primo cane che tiene il tempo dell'hip hop!
L'autore, prima di salutarci, tiene a precisare che, al contrario, nell'ultimo periodo, il suo sentire è cambiato, "non potendo più rimanere impassibile" di fronte agli orrori, questi veri, dispersi per il mondo, una volta squarciato il velo: "ricreare un altro mondo è impossibile, pertanto", si chiede il regista, "oggi è ancora rappresentabile una tragedia greca? No, perciò, recentemente, per 'Ifigenia', al ritorno dal gran galà della Croisette, ancora negli occhi, mi sono diretto verso gli scogli di Ventimiglia...".
Grande scoperta De Bernardi, da scavare.
(depa)

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