Silenzio su Alamar

Elena ogni tanto tira fuori dal cilindro un film. Dichiara di voler andare a vedere allo "Slowfish" un documentario su alcuni pescatori indigeni... Poi non lo farà, nonostante una pianificazione quasi credibile; forse perché, come le ho sibilato, "sembra facile, alzarsi e andare". E allora ringraziamo i "Cappuccini" che ci permettono il recupero di "Alamar", documentario messicano del 2009, diretto da Pedro Gonzàlez-Rubio (1976-?). Nella Giornata Mondiale per l'Ambiente (...) non resta che estasiarci di fronte alla bellezza che la Natura ha allestito per noi, risultato di complesse ed oscure sinfonie, e rammaricarci per lo scempio che ne abbiamo fatto e continuiamo a fare. Eppure si tratterebbe dei nostri amatissimi figli: già morti.

Questo emozionante documentario, di pregevole fattura, ci condurrà tra le limpide e messicane acque del Banco Chinchorro, "bio-parco-super-naturale" cui il regista vorrebbe fosse assegnata un'altra altisonante corona (Patrimonio Umanità et similia). Come se fossero i riconoscimenti di istituzioni più impelagate nel petrolio che le Compagnie stesse, quelle senza maschera, a cambiare l'atteggiamento devastatore di tutti noi. Quindi, appurato esserci una e più ragioni per non devastare le idilliache zone davanti alla splendida ed abbandonata Mahahual (magari, come sarà adesso, dopo il "saluto" di Dean, uragano del 2009?), non resta che comprendere l'immensa ricchezza del pianeta in cui viviamo, la sconvolgente perfezione dell'azione di Madre Natura, l'ipnotizzate magia che orchestra l'entrata e l'uscita di tutti i personaggi del delicatissimo spettacolo naturale. Pochi giorni fa Il Coglione più potente del mondo, quello col parrucchino, ha comunicato che degli accordi in materia d'ambiente se ne sbatte altamente. Meglio così. Uno scossone. Meglio dei proclami obamiani che inteneriscono i citrulli e nessun altro. Si pone la questione almeno. Dai, su, dove sono i genitori incazzati? A cercare di collegare il mobile al bluetooth dell'auto (ma sì, hybrid, la vuota volontà ce la mettono pure, almeno coscienza non rompe), immagino.
Mentre c'è chi parla di terrorismo, di giuve che ne perde un'altra, e parlotta dell'ennesima sparatoria negli U.S.A., qui si prova a raccontare di un altro mondo, lontano. Non vecchio, tutt'altro: attualissimo. L'unico possibile, anzi: necessario. Di un luogo dove pure il tempo cambia ritmo, perché mosso da leggi dimenticate...
Dove un uccello passa sempre a salutare (e a chiedere un piccolo contributo), dove un coccodrillo sta lì sotto ma mica gliene interessa, dove pesci ed aragoste sono a disposizione di chi non è avido, dove forse manca qualche libro, se non fosse per quelle altissime e profonde pagine, verdazzurre, squadernate là fuori.
(depa)

1 commento:

  1. Elena rettifica: al documentario lei si presentò! Furono gli organizzatori che al posto della proiezione ripiegarono su di un concertino, nettamente più profit.

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