Dura l'avventura...

Dando seguito alle buone impressioni di Juri e ai commenti entusiasti di qualche mio e suo amico (cosa che, nessuno se ne dolerà, mi guarderò bene dal ripetere), sono entrato nella sala 1 del "Sivori". In programmazione, nel cartellone estivo ormai sbiadito, c'è "Civiltà perduta" (2016) di James Gray, in cui il 'Rofum s'imbatté quattro anni fa per uno sterile sbarco ad Ellis Island. Stessa impostazione, che faccia dormire sonni tranquilli (dopotutto ci sono stati grandi uomini al servizio del progresso!) e luccicare gli occhi alle persone "più" sensibili. I pionieri dell'esplorazione coi loro intimi, scontati, travagli e manie di grandezza, per un film dall'ispirazione di plexiglas.

Terribilmente retorico e dalla superficialità d'accatto che, evidentemente, non riempie né una sala, né una multi, questo film ripercorre tutti gli stereotipi del cinema del passato (no, non si tratta di tributo...). Prima della rischiosa spedizione esplorativa, la bellissima moglie non potrà esimersi dall'annunciare il secondo nascituro. All'arrivo al villaggio indigeno un mucchio di teschi in primo piano mette in guardia la squadra di indomiti esploratori (in pratica dimezzati dopo tre miglia di navigazione); di loro ad ogni modo non è dato sapere alcunché più della faccia. Le sequenze all'istituto geografico, con il teatrino delle vuote posizioni (realistico, ma ben poco artistico).  Ovvietà su tutti i piani, quindi, per un film esplicito e didascalico, che su noi del 'Rofum non può far colpo.
Non bastano belle immagini patinate iniziali (ormai chi non le sa fare?) per dare spessore ad una pellicola dal tono sbagliato che nient'altro riesce a fare, che palesare la scarsa ispirazione del regista. L'elemento più rilevante in un racconto d'avventura come questo, quello naturalistico, in questo caso è annacquato dal sguardo "verticale", fisso sul protagonista (altro che Conrad, eppure in due ore e mezza...). Protagonista, l'inglese Charlie Hunnam, che sarà pure un bel figo, degno erede del Pitt qui produttore, ma che non conquista certo i cuori per il suo spessore (carisma o determinazione, che è peggio, visto il tema). Dopotutto va e viene dall'Amazzonia come al mercato, imbattendosi in quattro lance e sette piranha (un puma passa ma occupato a far dell'altro). Da qui, la disperata puntata sul finale a little bit different. Ma è davvero una giocata tardiva, senza speranza; anzi, foriera di maggior rimpianti.
Mister Gray, "pessimo direi".
(depa)

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