Pourquoi l'absence...

Ieri pomeriggio è tornato a trovarci Jacques Demy (scénario et dialogues). Ancora una volta una storia rosa, chicca all'amarena, dove la danza de l'Amour risente dei logoranti rallentamenti e degli improvvisi stop di gente ed ambiente: giudizi e giudici (regole e leggi!), parenti e semplici spettatori. Nel 1964 il regista francese mise in scena e in musica, in maniera originale, una partenza, un'assenza e un ritorno: "Gli ombrelli di Cherbourg" (t.o. "Les parapluies de...").

Commedia musicale? Musical atipico? Chissà come definire questo film dai colori ora tenui ora vivaci, ma sempre presenti (verdi, rossi, viola, arancioni), che convinse pure Cannes per un "Grand Prix"...Certo è che, soprattutto se non pronti, come Elena ed io, si rischia di trovarsi spiazzati. Far buon viso all'iniziale brutto tiro, ad ogni modo, aiuta ad apprezzare la formula speciale del film, che non impedisce affatto agli autori di emozionare: il dolore per un allontanamento forzato, assurdo ed assassino che tutto distrugge (a modo suo, nel dipingere lo scontro Amore-Guerra, dal punto di vista del primo, è un film antimilitarista: la guerra d'Algeria imbrattò, e ancora lo fa, molte mani), lo strazio vero dipinto sul volto dello scricciolo Geneviève (impressionante Catherine Deneuve ventunenne, per radiosità dolcezza e recitazione), i suoi moti disperati a nascondere il muso nel petto dell'amato Guy...sono attimi che possono sorprendentemente incrinare anche i più duri.
Anni fa Roland, il nuovo entrato (causa suddetti parenti e regole) ha amato una Lola...e un fugace e splendida carrellata in una corte interna, lo ricorda come il profumo di una donna quasi dimenticata. Febbraio 1958, poi Marzo 1958, quindi Aprile 1959. Il tempo birichinamente scandito è un capriccio che gestazioni e occupazioni giustificano solo in parte. Dicembre 68. Molto è cambiato. Era Lola, è Geneviève; c'era Guy, che ora ha Madeleine (forse ancora più bella, la tedesca). La giostra d'amore chiede parole cantate, per addolcire e attirare i passeri. Chi vivrà, soffrendo vedrà.
(depa)

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