Sangue e Ciuccio

La notte del 31 ottobre, sì sa, meglio uscire. A stare in casa si rischia grosso. Così pure Elena ed io ci siamo arrampicati ai "Cappuccini", quasi del tutto ignari, però, che in programmazione fosse "Halloween", sottotitolo italiano: "La notte delle streghe", scritto, diretto e musicato da John Carpenter nel 1978. Terzo lavoro film del regista che vien dal Missouri, diventato un "cult" per cinefili mai cresciuti e un affarone per produttori mai sazi, in fin dei conti è un ottimo horror che rivelò la particolare dimestichezza di Carpenter con la materia cinematografica.

Feeling con la m.d.p. e tutto ciò che le sta attorno, come riferito dallo stesso regista nell'introduzione al film: che siano le luci o il sonoro, gli accademici o i finanziatori, il regista affrontò tutti, fedele alla sua idea di cinema come (Carp)entertainment innanzitutto. Dando quasi il via (?) al genere così detto "slasher" (che poi a ben vedere è il vecchio e caro horror, solo con qualche tagliettino in più), Carpenter intuì ed esaltò l'enorme tesoro che si annidava sotto queste pellicole sporche, divertenti, per tutti. Il lato "brutto" e immediato del cinema, che poi tanto male non è. Basti vedere la bellissima sequenza iniziale, in steadycam (col secondo modello uscito allora), con coinvolgimento strepitoso del pubblico, soprattutto per la ripresa in soggettiva che, all'interno di un horror, comporta una serie di emozioni forti (leggi strizza). Natura low budget che evidentemente coglie su quelle tecnologie che possano abbracciare lo spettatore (wildscreen). 
Il regista ricorda le critiche ricevute riguardanti la recitazione degli attori ("Carpenter non li sa dirigere!"). A parte il britannico Donald Pleasence già amico di tutti, tutti gli altri erano giovani ancora in fila per la gloria (Jamie Lee Curtis aveva un pass datole dalla madre, ancora psicoscioccata dalla doccia terribile). Ciò nonostante non ho visto nulla di così tremendo nella recita delle tre belle e vive ragazze in pieno sogno americano delle High School. Rincaro: soprattutto la più stupida, l'oca bionda. A proposito, la cumpa di ragazzi in una tranquilla zona residenziale di casette a schiera, contraltare della violenza che sarà, permette anche quell'ironia che, non solo i dialoghi ("Se è uno scherzo, ti uccido!", "Ve ne pentirete!"), ma pervade anche alcuni frammenti della rappresentazione del mostro. Come dire: senza troppi dettami, questa è roba mia.
Ma torniamo all'orrorifico artigiano della Settima: belin, in Carpenter, pure le foglie, quando cadono, fanno più paura. Se queste non bastano, poi, il regista impugnerà i tasti del sintetizzatore. Finite le note, sarà il respiro del terrificante killer ad accompagnare le immagini, o le grida festanti dei bambini del tranquillo quartiere residenziale. Anzi, meglio: entrambe le cose, perché accostare sangue e ciuccio semina panico come poco altro (la festa di Halloween già di per sé gioca su tale contrasto).
Senza tanti mezzi, l'artiglieria che John mette in campo risulta comunque efficace. A momenti sullo schermo è un vero e proprio tunnel degli orrori, con corpi penzolanti, cadaveri a sorpresa o a comparsa. Perché a volte si alzano, poi rialzano e...chissà dove sono (finale meraviglioso).
(depa)

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