Gli ormeggi dell'amore

Giovedì scorso, presso il "Sivori", è stata la volta di una tedesca, uno svizzero ed un francese difficili da dimenticare. Non una lisa barzelletta, ma la celebre armonia impressa su pellicola da Jean Vigo, il regista francese che, nel 1934, diresse "L'Atalante", fuga d'amore e dall'amore (con ritorno), lasciando un segno ed un sogno sul cinema successivo. A soli 29 anni; tutto con un film, che ha lasciato Elena e me stupefatti.

Dita Parlo, Michel Simon e Jean Dasté, eccolo il trio d'oro bianco e nero che permise al giovane regista parigino (1905-1934), pronto a tutto, di morire di TBC solo dopo aver raccontato una felice e struggente storia d'amore e...acqua. Momenti magici permanenti, lungo perle di sequenze senza soluzione di poeticità (l'ubriaco che si esibisce nei suoi ricordi, i gatti attorno al grammofono).
Moderni esercizi di montaggio si alternano a inquadrature dal taglio raffinato (l'ormeggio a Parigi è impressionante). Personaggi dai contorni di favola, caratterizzati all'umana semplicità: gatti (sì pure i gatti!), scippatori, capitani, saltimbanchi e mozzi.
La musica stessa, di questo gran film sonorissimo, è il coro perfetto di questo tempestoso spettacolo d'amor, dove tutto può succedere, basta che qualcuno muova almeno l'indice: "Ci sono cose più strane che suonare un disco con dito..." ("l'elettricità, la radio!"), o non succedere, come attorno i luoghi di lavoro: gelo nei cuori e neve dappertutto.
Da non perdere questa storia di un passerotto vestito di bianco, dimenticato e volato via, libero e vitale, eppoi tornato al nido galleggiante, dove amore e spasso, tutto sommato, potevano andare.
Un abbraccio così entra nella storia del cinema.
(depa)

Nessun commento:

Posta un commento