Lusso e lavoro bovini

Sul Cinerofum è nota la fiducia incondizionata nei giudizi filmici di Marigrade. Difatti: sempre pronti ai pellegrinaggi verso le destinazioni indicate. Altresì siamo reattivi e sinceri nel fornire i nostri umili commenti. Veniamo quindi all'ultimo consiglio: "Corpo ed anima", pellicola ungherese scritta e diretta da Ildikó Enyedi (Budapest, 1955) e vincitrice dell'Orso d'Oro 2017. *Toccante racconto di animi delicati tra corpi già morti o in prossimità del macello...

Nelle primissime immagini introduttive, coi cervi nel boschetto innevato, rivelatesi poi il leitmotiv onirico della pellicola, si staglia cristallina la qualità registica dell'autrice. Mozza fiato per impostazione e poetica. A queste seguirà un altro tema "visivo", forse ancora più complesso, quello del processo di macellazione, altrettanto impressionante per taglio e potenza (anche se ammetto di non essere riuscito a mantenere sempre lo sguardo sullo schermo).
"Un lusso avere un lavoro" sentenzia un addetto al suo collega più anziano e, forse, stufo. Inizia con questa velata provocazione questo racconto di uomini finiti, forse mai formati. Non così dissimili, nonostante i gesti sospinti da fedeli sonnambuli muscoli nervi, dalle carcasse dirette alla mezzenatura.
In apparente stato catatonico è pure la protagonista, una diafana ragazza affetta da psicotica frigidità (un legame con il già assurdo lavoro nella "qualità", per di più declinato in stordimento, lugulazione, eviscerazione?). Le ossessioni che abbiamo tutti, qualcuno più (anzi molto più), altri meno (anzi molto meno), possono essere accettate o seminare il panico...dando vita a dei film.
La pellicola scorre su una regia robustissima e le interpretazioni dei due protagonisti (soprattutto lui, dal primo sorriso folgorante), appoggiandosi ad uno sceneggiatura immediata, anche se non originalissima catatonico. Ma alla lunga, secondo me, il film risente dell'eccessiva simmetria. Una quadratura che pare far tornare i conti in maniera troppo smaccata, togliendo un po' di fascino alla visione (tra le altre forzature, l'ipotesi che uno stesso sogno possa unire due corpi). Inoltre, per quanto si vede-sente in giro, la più classica delle colonne sonore ambient accompagna le sequenze topiche ma scontate.
Tanto per capirci, è un film che si presta benissimo ad essere riassunto con frasi "laccate" come quelle che uso quasi sempre in chiusura d'introduzione*. 
Non fraintendetemi, Marigrade non sbaglia quasi mai.
(depa)

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